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Il successo di Esselunga: dalle idee di Bernardo Caprotti

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Il successo di Esselunga lo si deve alle idee e alla lungimiranza del suo creatore, Bernardo Caprotti che ebbe l’intuizione di cavalcare quel desiderio di benessere che gli italiani iniziarono a sentire alla fine degli anni ‘50, dopo aver patito la fame durante le guerre.

Caprotti capì che era venuto il momento di replicare in Italia quello strano negozio che aveva visto in America, durante il suo soggiorno di tirocinio, e fondò a Milano nel 1957 il primo Supermarket italiano, un brand che solo in un secondo momento venne chiamato Esselunga ed oggi capace di fatturare in Italia 8,5 miliardi di euro.

A Houston si era imbattuto in uno dei primi supermercati realizzati negli States ed era rimasto incantato e stupito, vedendo quel grande locale pieno di merci, ordinatamente impilati su larghe mensole e lunghi scaffali.

Con l’inizio del boom economico, le persone avevano cominciato a firmare le cambiali per poter acquistare un frigorifero che prima di allora era un bene di lusso presente nelle case dei privilegiati.

Capì che era arrivata l’ora di riempire quei mastodontici elettrodomestici, riproducendo in Italia quel nuovo modo di fare la spesa. Oltretutto i supermercati oltreoceano, aree dedicate alla vendita al dettaglio di merci che superano i 400 metri quadrati, superavano le 30 mila unità già alla fine degli anni ‘40 mentre in Italia si era ancora abituati a comprare i prodotti alimentari nei mercati rionali oppure nelle piccole drogherie sotto la propria abitazione.

Non esisteva ancora il concetto di “spesa grande” né era possibile effettuarla tutta in un unico negozio: con l’apertura della futura Esselunga cambiò il modo di acquistare la carne, il prosciutto, gli ortaggi e si passò dall’acquisto sulla fiducia del rivenditore a quello dove la garanzia diventava la marca, decretando così l’inizio del declino delle piccole botteghe.

Del resto in quello stesso anno la RAI iniziava a trasmettere Carosello dove c’erano i personaggi celebri dell’epoca che sponsorizzavano i brand nelle varie reclame. Con l’avvento dei supermercati nasce la spesa dove la “conditio sine qua non” diventa il risparmio: quello del tempo perché è possibile acquistare tutto nello stesso luogo e risparmio economico per la politica degli sconti che da sempre ha caratterizzato queste realtà.

Storia di Bernardo Caprotti fondatore di Esselunga

La storia di Bernardo Caprotti, fondatore di Esselunga, parte il 7 ottobre 1925 quando Bernardo nasce ad Albiate Brianza da una ricca famiglia borghese di industriali tessili, come figlio primogenito, avrà due fratelli Guido e Claudio, da Giuseppe Caprotti e dalla francese Marianne Maire. La sua era una famiglia di imprenditori da sei generazioni ma, rispetto alla borghesia dell’epoca, suo padre era un convinto antifascista e questa posizione ideologica costituiva un problema per la sua attività lavorativa. In quel periodo infatti solo chi era iscritto al partito fascista riusciva ad ottenere i permessi per comprare dall’estero quei macchinari che servivano per modernizzare gli impianti delle aziende e questa situazione colpì molto il Bernardo Caprotti bambino.

Dopo aver frequentato il liceo classico, si iscrive alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano dove consegue la laurea. Nel 1951 il padre decide di mandarlo negli Stati Uniti per fare un tirocinio, al fine di fargli recepire quegli aggiornamenti tecnici e manageriali che, al ritorno, avrebbero potuto giovare all’industria di famiglia. Voleva che toccasse con mano come la materia prima si trasformava in filato, che si impratichisse delle varie fasi della lavorazione e che approfondisse, con un’esperienza a Wall Street, anche gli aspetti finanziari legati all’impresa del tessile, lavorando in quella che era considerata la patria del nuovo capitalismo.

E fu proprio lì, a Houston, che vide per la prima volta un supermercato. Dopo un anno tornò in Italia cominciando a lavorare nell’azienda di famiglia, dove doveva inserirsi gradualmente, fare la cosiddetta gavetta e passare dai piccoli incarichi a responsabilità sempre maggiori, per imparare a diventare il miglior capo possibile. Purtroppo però nell’estate di quello stesso anno suo padre Giuseppe morì improvvisamente e lui si ritrovò a dover prendere in mano l’intero lavoro, assumendosi, aiutato dai suoi fratelli, la direzione dell’azienda, ruolo che ricoprirà fino al 1965.

Il suo coinvolgimento nel mondo dei supermercati avviene nel 1957 e, come racconterà lui stesso nel libro “Falce e carrello”  che pubblicò nel 2007, quasi per caso, portando avanti fino al ‘65 le attività dei due settori in contemporanea. Dopo aver capito che le possibilità di crescita di quel mondo retail sono molto superiori a quelle del maturo settore tessile, lascia l’attività cotoniera e continua a tempo pieno il suo programma di accrescimento del proprio brand in Italia, che oggi arriva a contare 25.000 dipendenti che lavorano in 160 sedi sparse tra Lombardia, Toscana, Emilia Romagna, Piemonte, Veneto, Liguria e Lazio.

Durante tutto il tempo in cui è stato a capo dell’azienda, Caprotti ha investito nelle novità e realizzato prima la “fidelity card“, una delle prime a livello nazionale, e poi capito che per Esselunga era arrivato il momento di porre il proprio marchio su alcuni prodotti specifici. Nel corso di questi anni battaglierà più volte con la concorrenza, finendo anche nelle maglie della giustizia e, dopo aver ricevuto nel 2010 una laurea ad honorem in architettura dall’università La Sapienza di Roma, nel dicembre 2013 rassegnerà le dimissioni da tutte le cariche all’interno dell’azienda. Muore nel 2016 all’età di 91 anni, lasciando come eredi universali la figlia Marina e la seconda moglie Giuliana.

Storia di Esselunga

La storia e anche la leggenda di Esselunga nasce nel 1956, un anno prima dell’apertura del primo supermercato e quasi per caso. Siamo precisamente a St. Moritz, dove Guido, fratello di Bernardo, sta trascorrendo un weekend assieme a un amico di famiglia, Marco Brunelli, antiquario, anche lui appartenente alla Milano bene.

Lì ascoltano per caso una conversazione di alcune persone sedute vicino a loro: quei signori, i fratelli Brustio, erano i proprietari e gli amministratori della Rinascente e discutevano fra loro sulla possibilità di stringere un’alleanza nel settore dei supermercati con Nelson Rockefeller per importare il modello distributivo americano in Italia.

Nelson, nipote di John Rockefeller, imprenditore miliardario e grande riformatore dell’industria petrolifera a partire da metà Ottocento, era venuto in Italia per cercare di investire nei nuovi Paesi in via di sviluppo ma, in qualunque società di partnership, era interessato a detenere sempre un ruolo di maggioranza di almeno il 51%, condizione che il Gruppo Rinascente non voleva riconoscergli e quindi decisero che non avrebbero accettato l’accordo.

A quel punto i fratelli Caprotti, insieme a Brunelli ed altri imprenditori, decisero di sostituirsi ai rappresentanti di Rinascente, formando una cordata ed accettando di essere in minoranza. Incontrarono Rockefeller e con lui, nell’aprile del ‘57, diedero vita ad una società, Supermarkets Italiani, che per il 51% era controllata dal partner americano mentre il gruppo degli italiani rimaneva in possesso del 49%, diviso tra il 18% dei fratelli Bernardo e Guido Caprotti, il 16,5% di Mario e Vittorio Crespi, già editori del Corriere della Sera, il 10,3% di Marco Brunelli, il 3% della contessa Laetitia Boncompagni Pecci Blunt e all’1,2% di Franco Bertolini, consigliere finanziario dei Crespi.

L’inaugurazione del primo punto vendita si svolse il 27 novembre del 1957 in un locale di circa 500 metri quadrati, una ex-officina di viale Regina Giovanna a Milano, sotto l’insegna Supermarket. Il successo fu così immediato che ci vollero le forze dell’ordine per arginare la folla dei clienti che volevano entrare. Dopo due anni i guadagni superarono di gran lunga le attese e i supermarket diventarono 4, con quello di Viale Zara che divenne il più grande shopping center d’Europa.

Nel 1961 Rockefeller, avendo guadagnato più di quanto preventivato, decise che l’avventura italiana era durata troppo e mise in vendita il suo 51% che i Caprotti acquistarono, mettendo fine contemporaneamente anche al sodalizio con Brunelli che divenne il loro principale concorrente: l’antiquario fondò prima Gs Supermercati, il Carrefour odierno, poi Finiper, la cosiddetta grande I e Unes. Nel 1964 i negozi di Esselunga del Centro Nord diventano 16 e cominciano a riempirsi di prodotti provenienti dal resto dell’Italia e non: sugli scaffali e nei banchi frigo iniziano a trovare spazio per la prima volta la mozzarella di bufala, le orecchiette, la salsiccia di cinghiale ed anche delle specialità straniere, come i plumcake ed i prodotti francesi Hero.

Oggi i supermercati aperti sono 160 e coprono la maggior parte di quelle regioni ma la cosa più importante è che, secondo un’analisi realizzata nel 2022 da Alimentando sulla grande distribuzione organizzata, ovvero le catene di supermercati e ipermercati, Esselunga si trova al primo posto in Italia ed è tra i primi brand in Europa per produttività di vendita e ritorno finanziario. Un successo dovuto anche ai nuovi servizi creati negli ultimi anni dalla proprietà e che hanno tenuto conto delle problematiche che stiamo affrontando: Esselunga ha deciso di bloccare nei suoi negozi il caro prezzi ed è l’unico supermercato dove è possibile effettuare i vaccini anti covid.

Storia del logo di Esselunga

Anche dietro la nascita del logo di Esselunga c’è una storia, frutto della sagacia del suo fondatore e del genio creativo di un architetto svizzero, Max Huber, che nel 1957 disegnò la prima insegna “Supermarket”, caratterizzando la lettera iniziale “S” con l’allungamento dell’asta superiore del carattere tipografico per tutta la larghezza della scritta. Una scelta lungimirante che avrebbe inciso in maniera determinante nella riconoscibilità e nel successo dell’azienda: attraverso la creazione di questo logo, infatti, fu realizzato un codice visivo che è entrato a far parte del linguaggio comune, rendendolo immediatamente universale. Un logo che sarà fondamentale anche per una delle prime campagne marketing della fine degli anni ‘60: “Vieni a spendere 1.000 lire lunghe al supermarket con la esse lunga”.

Da quel momento in poi i clienti iniziarono a chiamare i supermercati “Esselunga” ma questo nome divenne ufficiale solo vent’anni dopo, nel 1979, grazie ad una ristrutturazione aziendale e ad una nuova azione pubblicitaria, “Esse lunga, prezzi corti”, slogan che diede ancora più riconoscibilità alla catena di negozi.

Tutto questo lo si deve a Max Huber, un graphic designer di grande fama che si era trasferito a Milano e che lavorava per lo Studio Boggeri, considerato oggi, secondo il lessico moderno, come in assoluto la prima agenzia di comunicazione.

Venne considerato un innovatore, alcuni dei suoi progetti sono ancora oggi esposti al Museum of Modern Art di New York, che contribuì da protagonista alla costruzione della storia della grafica italiana e per questo nel 1954 venne premiato con il Compasso d’Oro.

Prima di coniare il logo di Esselunga, aveva lavorato per la casa editrice di Giulio Einaudi di cui studiò l’immagine coordinata, aveva perfezionato il marchio de “La Rinascente“, collaborato con Feltrinelli, Coin e La Triennale di Milano, inoltre aveva progettato i manifesti per l’autodromo di Monza, ritenuti tra i migliori che siano mai stati realizzati, svolgendo la sua preziosa opera in seguito anche per Rai, Eni e Montecatini.

Le pubblicità di Esselunga

Nel corso degli anni sono state tante le pubblicità che hanno lasciato il segno per rendere sempre più riconoscibile il brand di Esselunga. Del resto il marketing è sempre stato uno dei cavalli di battaglia di questa catena fin dalle sue origini, come abbiamo visto con il conio del marchio Supermarket. Attraverso tutte le proprie campagne pubblicitarie che si sono succedute negli anni fino all’ultima del 2022, l’azienda di Caprotti ha sempre voluto mettere l’accento sulla qualità e la convenienza dei suoi prodotti, presentando delle foto o girando degli spot natalizi, dove in primo piano erano presenti alimenti genuini e dall’aspetto invitante che di volta in volta venivano affiancati da slogan come “da noi la qualità è speciale” oppure “i prezzi più bassi d’Italia”.

Ne è un esempio lampante la prima e storica campagna pubblicitaria delle Mille Lire Lunghe, in cui una banconota da mille lire veniva allungata e distorta nelle immagini di affissioni e di cartellonistica, andando ad abbracciare una serie di alimenti, così da simboleggiare la convenienza Esselunga che aumentava il potere di acquisto del denaro e permetteva di acquistare molto prodotti con sole mille lire.

Ma, per mostrare l’unicità dei loro prodotti, ce ne sono stati altri di esempi che nel corso del tempo hanno lasciato un segno profondo nel panorama pubblicitario, come quelle campagne, rimaste indelebili nella mente di chi le ha viste, che associavano banane a delfini e cipolle a uno scienziato geniale dai capelli scompigliati. Ma la creatività e la fantasia raggiunsero il loro culmine nella campagna pubblicitaria firmata dall’agenzia di Armando Testa che, con la sua originalità e simpatia, ne hanno realizzato un’icona popolare e addirittura uno sketch comico, pieno di immaginazione e giochi di parole.

Parlo di quella che sembra quasi una striscia di fumetti e che ritraeva, con una didascalia esplicativa, frutta, verdura e altri alimenti in chiave ironica, a cui venivano aggiunti decorazioni ed elementi di vestiario per trasformare il cibo nella parodia di un personaggio famoso o storico. Chi non ricorda personaggi come John Lemon, il limone con gli occhiali da sole, Bufala Bill, la mozzarella col cappello da cowboy, Cappelletto Rosso, il tortellino col cappuccio, Aglioween, l’aglio vestito da strega oppure la fetta di salame con la corona rinominata Re Salamone. E altri indimenticabili erano pure Melanzana Jones, Al Cacone, Antonno e Cleopasta, Mapoleone e Vincent Van Coc, tutti personaggi che hanno sì strappato il sorriso ma che hanno fatto diventare la campagna promozionale di Esselunga un vero fenomeno di culto da cui poi si è generata anche una corposa azione di merchandising e la creazione di una oggettistica dedicata, come magliette, orologi, t-shirt, calendari, segnaposti, menù, quaderni e agende, dove erano state impresse le immagini di quei personaggi inventati di maggior successo.

I problemi legali di Esselunga

Per Esselunga però non è sempre stato tutto rose e fiori, alcuni problemi legali hanno attraversato la sua vita e quella del suo fondatore che nel 1996 dovette patteggiare 9 mesi di condanna per tangenti alla Guardia di Finanza, più una multa pari all’importo della tangente pagata mentre nel 2016 venne condannato per diffamazione a 6 mesi, in merito ad un servizio giornalistico di Libero.

Bernardo Caprotti è sempre stato, nel bene e nel male, un uomo di grande forza ed energia, qualità che hanno portato il suo brand a vette sempre più alte ma che hanno contraddistinto anche le sue battaglie contro i nemici che si è creato nel tempo. Ho già parlato della fine del suo sodalizio con Marco Brunelli che divenne rivale e nemico ma tutta la sua intera esistenza si contraddistinse per le continue battaglie: negli anni ‘80 ebbe conflitti interni con i suoi fratelli, a cui verrà data una ricca buonuscita per uscire dall’azienda Esselunga; ebbe poi il conflitto con Barilla che voleva imporre la propria politica commerciale, stessa pretesa che più avanti avanzarono anche Coca Cola e Nestlé.

Alla fine degli anni ‘80 si imbattè in una nuova disputa molto aspra con i sindacati, soprattutto quelli di sinistra, che chiedevano aumenti per i lavoratori mentre l’azienda, che intanto aveva assunto 500 giovani con il contratto di formazione lavoro, era intenzionata a tagliare quasi 1000 posti dell’organico. Ne scaturirono grandi scioperi, per cui Esselunga fu costretta a comprare intere pagine di giornali, spendendo 250 milioni, per scusarsi con i propri clienti dei disagi arrecati, a cui seguirono anche momenti di altissima tensione con il lancio di due bottiglie Molotov nel supermercato di piazza Ovidio, a Milano.

Un’altra aspra battaglia si consumò contro le COOP con la pubblicazione nel 2007 del suo libro “Falce e Carrello”, dove le accusò di ostacolare l’espansione della sua azienda in combutta con le istituzioni di sinistra. Secondo lui i governi e le istituzioni “rosse” permettevano solo al sistema di distribuzione cooperativo di aprire supermarket in quei luoghi dove a tutti gli altri, che non erano allineati politicamente, non era concesso, alterando così i rapporti di concorrenza e di libero mercato. Da queste accuse ne scaturì, dopo una querela di COOP Italia, una lunga controversia legale che, dopo due sentenze favorevoli a Esselunga, è stata risolta solo in cassazione con la condanna di Caprotti che però era già passato a miglior vita.

Infine la sua volontà di lasciare il suo impero nelle mani della seconda moglie e della figlia Marina ha scatenato un’ultima controversia legale anche sull’eredità che ha visto coinvolti i vari eredi e che ha trovato la sua conclusione nel 2020, con un arbitrato che ha dato un valore definitivo all’azienda, da cui poi è scaturito il conseguente acquisto di tutte le quote degli eredi di primo letto da parte di Marina che ora è proprietaria al 100% di Esselunga.

Giulio Benvenuti
Sono fondatore di un hedge fund e fornisco consulenza sulla creazione e sviluppo di hedge fund e veicoli d’investimento con sottostante finanziario, real asset e private Equity / Venture Capital.

Dopo aver lavorato diversi anni in due tra le principali reti di consulenza finanziaria in Italia, ho avviato un attività in proprio fornendo in modo indipendente advisory finanziaria e specializzando le mie competenze negli hedge fund.
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